Rapa Nui

di Kevin Reynolds 1994 107'

1680, isola di Rapa Nui (dal 1722 Isola di Pasqua). Il giovane Noro appartiene alla tribù dei Lobi Lunghi, responsabili della fabbricazione delle immense statue dell'isola chiamate moai. Quando il ragazzo si innamora di Ramana, che fa parte dei Lobi Corti, popolo sfruttato per la costruzione dei moai, dovrà affrontare in una gara di nuoto il rivale Make. Ma lo scontro tra i due porterà a un conflitto tra le due tribù a cui solo Noro e Ramana sopravviveranno. Sullo sfondo della narrazione, la dilapidazione delle risorse naturali dell'isola, che venne interamente deforestata per la costruzione dei moai: una vera e propria catastrofe ecologica che causò l'estinzione dell'intera popolazione.. SPUNTI DI RIIFLESSIONE DIDATTICA - PER LE SCUOLEArgomento, più che attuale, il comportamento che gli abitanti dell'isola hanno attuato, lo si riscontra attualmente nei comportamenti dell'uomo moderno, che causa la rovina e il degrado dell'ambiente per motivi economici, basti pensare alla deforestazione, e di conseguenza alla desertificazione. Gli allevamenti intensivi di bovini soprattutto, che non ne sono la sola causa, ma la principale, causano eliminazioni di massa di zone molto estese di foresta. In quella Amazzonica, l'88% dei terreni disboscati è adibito a pascolo. Da diversi anni, nei paesi dell'America Centrale sono andari persi decine di milioni di ettari di foresta, per far posto a pascoli per bovini. Per dare un'idea delle dimensioni del problema, si pensi che ogni hamburger importato dall0'America Centrale comporta l'abbattimento e la trasformazione a pascolo di sei metri quadrati di foresta. Paradossalmente, questa terra non è adatta al pascolo: nell'ecosistema tropicale lo strato superficiale del suolo contiene poco nutrimento, ed è molto sottile e fragile. Dopo pochi anni di pascolo il suolo diventa sterile, e gli allevatori passano ad abbattere un'altra regione di foresta. Gli alberi abbattuti non vengono commercializzati, risulta più conveniente bruciarli sul posto. In totale la metà della foresta pluviale dell'America centrale e meridionale è stata abbattuta per l'allevamento. E il ritmo del disboscamento è in continua crescita. La combustione di milioni di ettari di foresta produce milioni di tonnellate di carbonio. L'elevato consumo di energia nelle varie fasi della produzione di carni produce grandi quantità di anidride carbonica, che contribuisce all'effetto serra. Per quanto riguarda le terre adibite alla coltivazione di cereali e di soia per l'alimentazione animale, il continuo accorciamento dei maggesi non lascia al suolo il tempo di rinnovarsi, accentuandone l'erosione. Ne conseguono sia frane ed inondazioni, sia una diminuzione dell'approvvigionamento delle falde, il che provoca desertificazione, disarticolazioni geologiche e siccità ricorrenti. Dove prima vi erano vegetazione ed animali selvatici di ogni specie, oggi on cresce più nulla e non vi è più vita animale. L'incontrollata e "globalizzata" corsa alle biomasse accresce il rischio delle ricerche unicamente incentrate sul massimo profitto, senza troppi scrupoli riguardo la trasformazione di vaste aree in piantagioni monoculturali. Lo sviluppo di energia elettrica da biomassa da biomassa agricola e forestale imposto dal mercato globale risulta eccessivo se rapportato all'effettiva disponibilità di biomassa necessaria per mantenere adeguati i rendimenti. Oltre a questi elementi, esiste anche il pericolo di rendere inferitili i suoli: inoltre, disboscare foreste per coltivare specie a ciclo annuale o addirittura a ciclo più breve rappresenta un importante peggioramento della capacità di accumulo del carbonio da parte della stessa biomassa. Tutte queste pratiche inevitabilmente portano con tutta probabilità alla desertificazione, il cui concetto negli anni si è progressivamente modificato, prendendo una dimensione globale. Essa è definita come "il processo che porta ad una riduzione irreversibile della capacità del suolo di produrre risorse e servizi" (FAO-UNEP-UNESCO, 1979) La Conferenza delle Nazioni Unite sulla Desertificazione, tenutasi a Nairobi nel 1977, aveva già adottato una definizione di desertificazione ("riduzione o distruzione del potenziale biologico del terreno che può condurre a condizioni desertiche") a prescindere dalla posizione geografica delle aree colpite, dalle loro caratteristiche climatiche, dalle cause (naturali o antropogeniche) e dai processi (salinizzazione, erosione, deforestazione ecc.) all'origine del degrado del potenziale biologico del suolo.

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