Il film segue una squadra di operai impegnata nel montaggio di una linea elettrica a 220.000 volt in Val Daone, nell'alto Chiese. Il lavoro dell'uomo viene inserito da Olmi nel paesaggio della montagna, che sembra immobile nel tempo e che si riflette non soltanto nella bellezza indifferente della natura, ma lascia i suoi segni nel volto, nell'azioni e addirittura nel dialetto degli uomini. Agli aspetti documentaristici e all'attenzione per un'antropologia condivisa che lo apparenta, nel cinema a Jean Rouch e nella letteratura a Mario Rigoni Stern, Olmi affianca un istintivo senso dell'immagine cinematografica capace di trasformare tralicci e fili in forme geometriche di sorprendente perfezione formale.