Océans, le Mystère plastique

Oceani, il mistero della plastica scomparsa
di Vincent Perazio Documentario Francia 2016 53'

Solo l'1% della plastica che fluttua negli oceani raggiunge le coste o rimane intrappolata nei ghiacci artici. Del restante 99%, stimato intorno a centinaia di migliaia di tonnellate, si sa ancora troppo poco. Una sorta di buco nero che lascia intravedere un dramma ecologico. Non essendo biodegradabile, la plastica non scompare, semplicemente si rompe in microparticelle tossiche, in gran parte invisibili all'occhio umano. Tale processo di trasformazione sta dando vita a un nuovo ecosistema: la plastisfera. Si affaccia così, sempre più urgente, la necessità di indagare il fenomeno e le sue conseguenze: dove si trovano queste particelle? Ingerite dagli organismi o depositate sul fondo marino? E qual è il loro impatto sulla catena alimentare?

Regista:

Vincent Perazio

Produttore:

ARTE FRANCE, VIA DECOUVERTES PRODUCTION

Nazione:

Francia

Descrizione

Spunti di riflessione didattica

Bottiglie e sacchetti di plastica, palloni, scarpe, materiali di imballaggio: se non smaltiamo i rifiuti a regola d'arte, prima o poi vanno a finire in mare. In particolare la plastica è un materiale non biodegradabile e rischia di essere ingerita da balene, gabbiani, tartarughe marine e altri animali. I pezzi di plastica possono restare nella gola degli animali o ostruirne il tratto digerente, e di conseguenza bloccare le vie respiratorie e impedire l'assunzione di cibo. Una volta in mare i rifiuti possono anche tornare sulla terraferma sospinti dal movimento delle onde, e inquinare così spiagge e altre zone costiere. Ogni anno si stima che finiscano nelle acque marine dai 4,8 ai 12,7 milioni di tonnellate di rifiuti plastici. Nelle acque e negli oceani si trovano anche le microplastiche, che derivano dall'abrasione degli pneumatici, dal lavaggio di tessuti sintetici o dalla disintegrazione di rifiuti plastici. Le piccole particelle di materiale plastico vengono inoltre aggiunte a prodotti cosmetici come creme per la pelle, peeling, gel doccia e shampoo e giungono nei fiumi e nei mari attraverso le acque reflue. Le microplastiche possono essere assorbite dagli organismi marini: in numerosi animali è stata rinvenuta la presenza di queste microparticelle. A tutto ciò contribuiscono a volte anche i pescatori che perdono le reti in mare aperto o semplicemente gettano dalle barche quelle rotte. In esse rimangono imprigionati balene, delfini e altri mammiferi marini che soffocano fra atroci sofferenze.

Fino agli anni Settanta gli oceani venivano tranquillamente considerati vere e proprie discariche. Nei mari veniva «smaltito» praticamente di tutto, quindi anche pesticidi, armi chimiche e rifiuti radioattivi. Si ipotizzava che gli oceani fossero sufficientemente estesi per diluire le enormi quantità di sostanze chimiche rendendole innocue. In realtà le sostanze tossiche non sono mai scomparse, anzi fanno ritorno dall'uomo, talvolta in forma concentrata, tramite la catena alimentare.

Il Mediterraneo ha un triste primato per l’inquinamento da plastica. È infatti l’ecosistema più minacciato al mondo dalle microplastiche. Sui fondali marini del Mare Nostrum si registrano i livelli di microplastiche più elevati mai registrati – fino a 1,9 milioni di frammenti su una superficie di un solo metro quadrato. Questi significa che il Mediterraneo ne contiene circa il 7% – anche se ha soltanto l’1% delle acque mondiali. 

L’inquinamento da plastica sta continuando ad aumentare. Se questo trend non verrà interrotto, entro il 2050 negli oceani ci saranno più plastiche che pesci.

(Rapporto WWF)

 


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