Sole. Luce. Bianco. Una piazza che vive la sua quotidianità, libera nei colori, nei movimenti. Uno spazio racconta l'intero paese. Poi tutto si spegne. Tutto si omologa. I vestiti, i volti, i movimenti. Un solo colore. E la piazza muore, ingabbiata dentro una dittatura. E nell'aria una marcia opprimente, ripetitiva. I superstiti sono divise che camminano; corpi senz'anima. Non più il sorriso. Un telone nero col volto dell'aguzzino sovrasta ogni cosa. Arrivano dei militari. Prendono un ragazzo. Lo separano dalla sua ragazza, lo picchiano, lo caricano sulla jeep... Poi una voce grida: STOP. Siamo dentro un film per fortuna! Siamo nella libertà d'opinione, di credo, di vita. Il regista annuncia la pausa pranzo. La troupe va a mangiare. Due donne si fermano per riflettere su un manifesto. Una scritta, due occhi. Loro sanno. Loro hanno vissuto veramente quell'incubo. Per questo il loro sguardo non va oltre e conserva ciò che non sarà mai solo un ricordo.