Regista: |
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Produttore: |
Jaak Kilmi, Katrin Kissa |
Nazione: |
Estonia |
Note di regia
«Sin da quando la “moda veloce” si è presentata alla ribalta nei primi anni '90, la priorità è stata data ai prezzi economici degli indumenti. L'obiettivo è trovare il taglio più semplice, il tessuto e il fornitore più economico. Prendiamo ad esempio il solito paio di jeans: la materia prima viene coltivata nelle piantagioni di cotone sudamericane, viene tessuta in India e i jeans cuciti in Bangladesh. Da lì, il capo viene spedito nei negozi di tutto il mondo. Nel suo viaggio attraverso i paesi in via di sviluppo, il nostro paio di jeans ogni giorno è testimone di abusi fisici, lavoro minorile e settimane lavorative di 80 ore. È solo grazie a questo che possiamo acquistare capi economici dai negozi. Inoltre, di regola, durano solo una stagione a causa della scarsa qualità dei tessuti trattati chimicamente. Ma questo in genere non infastidisce gli acquirenti, abituati a trovare in negozio sempre prodotti nuovi ed economici. Quindi non c'è da meravigliarsi se gli indumenti hanno perso il loro valore e le persone li consumano come tovaglioli usa e getta. Questo sistema provoca distruzione ambientale e enormi quantità di rifiuti industriali. Insieme alla stilista Reet Aus, cerchiamo di trovare una risposta alla domanda: c'è una via d’uscita?»
Spunti di riflessione didattica
Il 24 aprile 2013 crolla l'edificio Rana Plaza in Bangladesh, dove era situata una delle maggiori fabbriche tessili del paese. I 1.138 morti e i 2.500 feriti rendono questo disastro industriale tra i più gravi della storia. In seguito alla tragedia nasce l’attività di Fashion Revolution: designer, produttori, lavoratori e consumatori, accademici, scrittori, imprenditori, marchi, rivenditori, sindacati e politici, uniti in una comunità internazionale che adora la moda ma che crede in un’industria dell’abbigliamento che rispetti le persone, l’ambiente, la creatività e il profitto in eguale misura.
L’acquisto è l’ultimo click nel lungo viaggio che coinvolge migliaia di persone: la manodopera è ormai invisibile dietro ai vestiti che indossiamo, perlopiù sottopagata e priva di tutele sul lavoro. Fashion Revolution, oltre che essere uno strumento utile per una spesa consapevole, promuove iniziative di attivismo critico mosso dalla richiesta #whomademyclothes?