Spunti di riflessione didattica
Nel documentario di Simon Kessler e Johan Boulanger nove giovani donne, provenienti da diverse parti del mondo, lottano per sensibilizzare il mondo sul cambiamento climatico. Il quadro che tratteggiano è allarmante ma veritiero, in contrasto con l’indifferenza del mondo politico. Le loro testimonianze si alternano a immagini di inondazioni, siccità, incendi, effetti della deforestazione, isole di plastica. Nel definirsi «la generazione che affronta disastri», ognuna di loro, calata nella propria realtà geografica e sociale, ritiene di poter fermare la distruzione del Pianeta solo attraverso la mobilitazione e la condivisione della propria esperienza. Parole forti, quelle di chi ha vissuto in prima persona la devastazione delle catastrofi naturali, parole che diventano echi di un coro sempre più collettivo che racconta la necessità di cambiare davvero le cose. Una trasformazione possibile, seppur strettamente legata alla necessità di cambiamento radicale dell’attuale modello economico. Saranno loro le leader del futuro? Certo è che grazie alle numerose mobilitazioni dal basso alcune campagne vanno a buon fine, come la #byebyeplasticbags, costituita per abolire i sacchetti di plastica a Bali, le cui spiagge dorate stanno scomparendo sotto tonnellate di imballaggi causati dalla crescente quantità di rifiuti provenienti dal mare.
«Le persone soffrono, stanno morendo e i nostri ecosistemi stanno collassando. Siamo all’inizio di un’estinzione di massa e tutto ciò di cui parlate sono i soldi e le favole su una crescita economica?! Ma come osate? Per più di 30 anni la scienza è stata chiara: come fate a guardare altrove? E venire qui, a dire che voi state facendo abbastanza, quando in realtà la politica e i governi sembrano essere ancora lontani. […] L’idea popolare di tagliare le emissioni ci dà solo la possibilità di riuscire al 50%, rimanendo sotto 1.5 gradi di innalzamento delle temperature ed evitando una reazione a catena di eventi fuori il controllo umano. Il 50 % forse è accettabile per voi, ma quei numeri non includono alcuni punti critici, come i cicli di retroazione, ulteriore riscaldamento dovuto all’inquinamento dell’aria, o le questioni riguardanti la giustizia e l’equità. Tutto ciò è da considerare in riferimento al fatto che io e la generazione di quelli che saranno i miei figli saremo costretti ad assorbire milioni di tonnellate di CO2 dall’aria con tecnologie che neanche esistono. Quindi il 50 % di rischio non è accettabile per noi che ne vivremo le conseguenze». (Greta Thunberg al Summit delle Nazioni Unite di New York, 23 settembre 2019)