Michele, dopo aver preso delle confezioni di calze da uno strano venditore porta a porta, saluta la figlia alienata che gli dice (fissando ossessivamente lo schermo di un computer che rimanda sempre le stesse immagini di un gioco digitale non più controllabile) di aver perso la pietra, e, come ogni giorno, esce di casa per andare dal cavaliere della Calza, dove lavora. Cammina per cave di pietra in disuso, strade piene di sacchi di spazzatura, campi desolati. Il suo percorso è segnato da un lato dalla comparsa di strani simboli che riconducono alla “cuasettaâ€, termine siciliano che indica la calza, dall’altro dall’apparizione di personaggi singolari come i tre anziani che assistono a uno spettacolo di breakdance facendo discorsi deliranti o il barbone che lo invita a guardare un curioso telegiornale, o ancora una donna distinta che cammina in mezzo alla sciara con un cestino della spesa pieno. Giunge a destinazione e, dopo aver assistito a un monologo telefonico del cavaliere della Calza che rasenta la follia, si mette al lavoro: Michele è il tavolo dove il cavaliere della Calza e i suoi ospiti giocano a carte.
